martedì 31 gennaio 2017

Zuppa alle castagne (quaresimale)

Un'altra ricetta gustosa per il nostro digiuno, per renderlo più sopportabile, specie se abbiamo ospiti a cena o se è occasione di una ricorrenza in famiglia, e desideriamo portare in tavola qualcosa di più elaborato, ma che rispetti il nostro impegno verso la Quaresima. 

Ingredienti per quattro persone
2 tazze di riso selvatico (o basmati)
2 cucchiai di olio
2 cipolle tritate.
4 tazze di funghi.
500 grammi di castagne sbucciate
6 tazze di brodo vegetale
4 cucchiai di sidro di mele (se non si ha, va bene anche il vino di mele). 

Preparazione

In una casseruola mettere a bollire il riso in quattro tazze e mezzo d'acqua per circa trenta minuti, finché il riso è ancora parzialmente gommoso: ritirare l'acqua in eccesso e lasciare ad asciugare il riso. Nel frattempo, soffriggete cipolla e funghi in un'altra pentola. A doratura delle cipolle ultimata, unire le castagne ai funghi, fintanto che non si forma una sottile crosta sulla pentola e si percepisce bene l'odore delle castagne e dei funghi: quando le castagne sono marroni, significa che sono pronte, ma non togliamole dal fuoco; aggiungere quindi le tazze di brodo e lasciar riposare il tutto per 15 minuti a fuoco medio. Allo scadere del quarto d'ora, ritirare la pentola dal fuoco e lasciar riposare per 10 minuti. Dopodiché, prendere il nostro brodo solido e porlo nel frullatore, finché non diventa una crema. Servire il riso unito alla crema, mescendovi alla conclusione il sidro di mele. Aggiustate il sale se risulta insipido.


la  nostra zuppa di castagne con la smentana. 

Variante non digiunale: se volete arricchire ulteriormente la zuppa, versateci senza remore la panna acida o la smetana

La Fanouropita, ovvero il dolce di san Fanurio

Tutte le buone massaie greche sanno come cucinare una buona fanouropita, il dolce dedicato a san Fanurio, invocato (in Grecia soprattutto) per ritrovare oggetti smarriti, e pertanto non è inusuale sentirlo nominare. Viene preparato in due occasioni: per i periodi di festa in famiglia durante i periodi di digiuno più stretti - Quaresima e Avvento - nonché nei giorni attorno alla sua festa, che cade il 27 agosto, appena dopo il digiuno della Dormizione della Santissima Vergine Maria.  Essendo questo un dolce detto "magro", cioè digiunale, non sorprende l'assenza di burro, uova e latte. Vediamo come si prepara.

Ingredienti per 4 persone

2 tazze e 1/2 di farina lievitante
1 tazza di zucchero 
1 tazza di uvetta sultanina
1 bicchiere d'olio d'oliva 
1 bicchiere di vino rosso
1 bicchiere di succo d'arancia
1 tazza di noci 
1 tazza di mandorle
1 cucchiaio di cannella in polvere
1 cucchiaio di chiodi di garofano in polvere
1 tazza di semi di sesamo. 

Preparazione

In un grande contenitore mescolare tutti gli ingredienti liquidi assieme allo zucchero. Dopodiché, aggiungere alla mistura ottenuta anche la farina, le noci, le mandorle, l'uvetta, la cannella, i chiodi di garofano, e se volete anche i semi di sesamo. Mescolare bene finché non si ottiene un composto. Allora, porre il composto in una terrina o in una pirofila e mettere in forno per un'ora a temperatura 180°. Alla fine, se si vuole, si cosparge il dolce con lo zucchero a velo dopo averlo lasciato freddare. 


Et voilà, la nostra torta di san Fanurio!

La Coliva italo-greca con il melograno e vino

Una variante eccezionale della Coliva, che il maestro iconografo Ivan Polverari mi ha mandato, era cucinata dagli italiani del Meridione italico, i cosiddetti Italo-greci, e pare che nelle Marche sia sopravvissuta la ricetta come dolce casalingo, mentre in Puglia, specialmente a Foggia, lo chiamano grano cotto. Il significato e l'utilizzo di questa coliva sono i medesimi della coliva tradizionale. 


u grane cuut, come dicono i pugliesi: la coliva all'italiana

Ingredienti "per 4 persone"

400 grammi di grano (o farro).
120 grammi di noci
100 grammi di chicchi di melograno
120 grammi di cioccolato fondente
170 grammi di miele
un pizzico di cannella
un pizzico di sale.
un bicchiere di vino cotto (nella variante pugliese)

Preparazione 

Mettere a bagno il grano per tre giorni, cambiando ogni giorno l'acqua. Il quarto giorno mettere a bollire il grano stesso in una grande pentola d'acqua, fino alla sua ebollizione, per circa un'ora: prima che i chicchi scoppino, scolare e lasciar raffreddare. Il giorno seguente, mescolare le noci, il grano, il cioccolato a pezzetti, il vino cotto, il miele e la cannella col sale fino a creare un composto. Dopo averlo lasciato riposare qualche minuto, decorare a piacimento e servire. 

Risotto ai fagioli al limone (quaresimale)

Concludiamo gennaio con una gustosa ricetta dagli Stati Uniti, buona per la Quaresima, ma gustosa anche per tempi meno sospetti, da consumarsi il venerdì sera in famiglia, ad esempio, quando comunque siamo in giorno di magro, ossia di digiuno. 

Ingredienti

3 tazze di riso basmati
1 cucchiaino di olio vegetale
2 cucchiaini di coriandolo fresco tritato
1/2 cucchiaino di sale
1 tazza d'acqua
3 cucchiaini di succo di limone o 1 cucchiaino di lime (se lo si trova). 
1/2 cipolla tritata
2 peperoni tagliati
1 spicchio d'aglio
1/2 cucchiaino di peperoncino piccante
avocado quanti ne vogliamo, se li abbiamo.

Preparazione

Mettere a bollire il riso finché i chicchi non sono morbidi e l'acqua è ritirata. Nel frattempo preparare i peperoni, il sale e le cipolle facendoli soffriggere in un poco d'olio, aggiungervi poi tutte le spezie e mescolare; alla fine, quando l'aglio ha raggiunto la doratura, aggiungere anche i fagioli neri. Quando il riso è asciutto, aggiungere il succo di limone e il coriandolo e lasciare un attimo a riposo mescolando bene il riso, dopodiché disporre nel piatto come più aggrada. Se abbiamo desiderio di un tocco di esotico, possiamo aggiungere degli avocado puliti e affettati a guarnizione del piatto.



il nostro risotto in una composizione molto elaborata

domenica 29 gennaio 2017

Il pane di Ezechiele - una ricetta dalla Bibbia

Articolo del molto reverendo igumeno padre Ambrogio, rettore della chiesa ortodossa russa San Massimo di Torino

Riprendo su questo blog una ricetta e una discussione che avevo iniziato nel 2009 sull’ottimo Veganblog.it (una vera manna di informazioni per chi ama mangiare vegano): http://www.veganblog.it/2009/07/10/il-pane-del-profeta-ezechiele/
Allego anche due fotografie scattate da Francesco, uno degli chef di Veganblog e di altri blog culinari, in una sua rivisitazione della ricetta:



* * *

Nel Libro di Ezechiele, il Signore comanda di cucinare un tipo speciale di pane, che il profeta dovrà mangiare per un periodo di centonovanta giorni. “Prendi grano, orzo, fave, lenticchie, miglio e farro, mettili in un recipiente e fattene del pane...” (Ezechiele 4,9). Questa ricetta si avvicina a quello che i moderni dietologi chiamerebbero un alimento completo; infatti, una combinazione di farine di cereali e di legumi (in proporzione di due parti di cereali per una di legumi) garantisce la massima capacità di assimilare le proteine (circa il 50% in più di quelle che si potrebbero assimilare mangiando separatamente le stesse quantità di cibo). Nella quantità descritta dal libro di Ezechiele (circa 200 g al giorno), questo pane è in grado di offrire il sostentamento necessario a un essere umano adulto per periodi molto lunghi. Se consumato in combinazione con alimenti freschi (per esempio, frutta e verdura di stagione) può essere la base di un’alimentazione sana e bilanciata. Di fatto, vi si fa spesso cenno negli scritti ascetici cristiani quando si parla della razione quotidiana di pane per monaci e monache. Il “pane di Ezechiele” è di gusto gradevole (grazie alla combinazione di aromi delle diverse farine), e si conserva a lungo, come i migliori tipi di pane integrale. Per preparare questo pane, si può usare la farina di qualsiasi cereale o legume, a condizione di mantenere la proporzione corretta: 2 parti di farina di cereali (anche di tipi diversi) per 1 parte di farina di legumi. Il grano, la segala e l’avena hanno il 30-35% in più di proteine rispetto al riso, al mais, all’orzo o al miglio. I cereali variano in valore calorico. Il pane può essere fatto lievitare con diversi metodi (ricordiamo che le farine di alcuni cereali non lievitano, per cui il processo di lievitazione, la sua durata e i suoi risultati possono essere diversi a seconda delle farine che si vogliono usare nell’impasto). Anche la durata della cottura potrà dipendere dal tipo di farine usato, e dalla dimensione delle forme.
La ricetta del libro di Ezechiele non dice nulla sulla presenza di lievito, ma dato che non se ne parla in un contesto pasquale (piuttosto, è la base di una dieta protratta per molti mesi), nulla impone che questo pane debba essere azzimo.

Qualche consiglio pratico
Vediamo come affrontare la preparazione del pane di Ezechiele nella nostra dieta.
- In Italia non sono comuni le farine di cereali diversi dal grano, e possono esserci problemi a trovare farine di legumi. Per i primi tentativi, non lasciatevi scoraggiare da queste difficoltà: potete benissimo usare un singolo tipo di farina di cereali e un singolo tipo di farina di legumi, l’importante è mantenere le proporzioni di 2 a 1.
- La farina di legumi più facile da trovare in commercio in Italia è sicuramente quella di ceci, che serve a fare la farinata. Se usate farina di ceci, tenetela in acqua almeno una notte prima di impastare, proprio come fanno i cuochi che preparano la farinata.
- Il discorso della farina integrale varrebbe un intero capitolo a parte: tenendo conto che il profeta Ezechiele non aveva a disposizione la farina bianca raffinata di oggi, sentitevi tranquillamente autorizzati a usare farine integrali di ogni genere! Posso testimoniare per esperienza che l’uso di farine integrali non fa altro che aggiungere una nota interessante al già ricco sapore di questo pane.

- Se non ve la sentite di fare in casa il pane di Ezechiele, potete sempre farvelo fare dal vostro fornaio! La ricetta non è difficile, e i fornai sono sempre contenti di sperimentare nuovi tipi di pane, ancor più uno con un pedigree storico di tutto rispetto, come questo.

La Coliva

La Coliva, o Koliva (pronunciata còliva o colìva in base alla lingua di riferimento) è un dolce "povero", che nasce in tempi antichi, durante la persecuzione di Giuliano l'Apostata (363 d.C. la data della morte). Tradizionalmente viene preparata per onorare i defunti e viene portata in chiesa per farla benedire dal sacerdote durante la commemorazione dei morti, e viene consumata anche durante la Quaresima, specialmente la prima settimana di digiuno. Perché? 

Come nacque la coliva?

Giuliano l'imperatore apostata sapeva che i cristiani sarebbero stati affamati alla fine della prima settimana di digiuno quaresimale, così ordinò di spargere di sangue di sacrifici pagani tutti i cibi nei mercati di Costantinopoli affinché i cristiani soffrissero e non ne mangiassero. Il santo martire Teodoro apparve così all'arcivescovo Eudossio e gli consigliò di dar da mangiare ai fedeli solamente grano bollito e miele: da questi ingredienti impastati nacque la coliva. Per questo, il primo sabato di quaresima è stato consacrato a san Teodoro. E' diventata tradizione dei paesi ortodossi quindi preparare la coliva solo con ingredienti quaresimali (ossia senza latticini, senza uova, e senza prodotti animali in genere). 


Colive di varie forme e ingredienti

La Coliva oggi

La Coliva, specialmente dopo l'arrivo di molti ingredienti dalle Americhe, è molto arricchita ed è diventata perfino un dolce prelibato. A seconda dei gusti, vi si aggiungono zucchero, cioccolata, uvetta, canditi e frutta secca. 

La coliva nella ritualità ortodossa

La coliva ha un senso particolare collegato alla resurrezione: il grano che, "morendo", produce frutto, è uno dei simboli della resurrezione. Per questo spesso la coliva è legata alle commemorazioni funebri. Quando si porta la coliva al rito di commemorazione dei defunti o al funerale, è uso che venga aspersa con un poco d'acqua benedetta - alcuni, come ad esempio i romeni, vi versano sopra del vino rosso - e quando i presenti si scambiano la coliva, si dicono "che Iddio lo perdoni" riferendosi al defunto. Non è inusuale mangiare la coliva direttamente in chiesa o presso la tomba del defunto. 

Preparazione

La principale preoccupazione dev'essere far bollire il grano senza far scoppiare i chicchi. Per cuocere il grano è sufficiente metterlo a bollire per un'ora in quantità d'acqua molto elevata (superiore a quella che si usa per cuocere il riso). Dopo averlo bollito, va scolato (eventualmente passato sotto l'acqua fredda) e lasciato a riposo. Oggidì, molti al posto del grano usano il farro o il riso. Per una coliva ottimale, il grano va cotto il giorno precedente alla funzione ( o quando va consumato ) e impastato col resto al mattino: di solito il grano viene fatto riposare una notte. Si prende dunque il grano e si mescola con i canditi, l'uvetta, il miele (o lo zucchero), la cioccolata e quant'altro si voglia mettere; se la coliva è in un recipiente molto alto, si può organizzare uno strato o più strati di fette biscottate tritate. E' importante ricordarsi di non lasciare il grano bollito in un ambiente troppo caldo: se necessario, tenerlo in frigo, altrimenti potrebbe fermentare improvvisamente. 

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Vedi anche: La Coliva - significato e preparazione, dell'igumeno Ambrogio 

Perché un blog di cucina "confessionale"?

Ciao a tutti!

Questa domanda, in effetti, potrebbe non sembrare faziosa. Che motivo c'è di etichettare la cucina? Forse che è impedita a chi non si professa di una certa religione? Potremmo rispondere che molte altre confessioni religiose nel mondo hanno la propria cucina (halal per i musulmani, kosher per gli ebrei) e che noi la consumiamo spesso come un delizioso pasto esotico, che ci piace assaporare per la sua differenza con la cucina nostrana. Il senso di questo blog è tutt'altro: è offrire a tutti una panoramica - certamente incompleta - di ricette proprie dei paesi tradizionalmente ortodossi, spesso legate ai cicli del digiuno quaresimale, che possano essere così preparate da tutti i cristiani ortodossi italiani, e da quanti vogliono assaporare il gusto semplice e genuino della cucina del passato, legata ai ritmi delle stagioni e delle tradizioni contadine. 



Passiamo al nome. Agape. Anticamente, nei primi secoli della cristianità, le mense fraterne che seguivano le celebrazioni avevano questo nome, che significa "amore". Amore verso cosa, o verso chi? l'Agape era un pasto offerto a tutti coloro che entravano nella mensa cristiana, fossero poveri o ricchi, schiavi o liberi, cristiani o meno. Era uno dei segni del famoso << spezzare il pane comune >> che viene sovente ricordato come tratto dei primi cristiani. Speriamo dunque che questa piattaforma venga ricevuta con amore, perché l'intento non è ghettizzante ma al contrario mostrare, nella festa così come nei periodi di raccoglimento, come la vita cristiana permea ogni aspetto dell'esistenza, financo il nostro desco.